CELI4 (Livello C1) - Sessione Estiva 2007 + chiave, 2007 celi

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Sessione Estiva 2007
Prova di Comprensione della Lettura CELI 4 – giugno 2007
PARTE A
PROVA DI COMPRENSIONE DELLA LETTURA
A.1
Leggere i due testi. Indicare nel
Foglio delle Risposte
, vicino ad ogni numero da 1 a 10, la
lettera A, B, C o D corrispondente alla risposta scelta.
A.1
1° Testo
Esempio di risposta
:
0
A
B
C
D
1° testo
Pugni, sfuriate e psicologia
Se n’è andato Rocco Agostino
Aveva 75 anni ed era un pezzo di storia della boxe, ma a chi gli chiedeva che cosa si provasse
ad essere un monumento dello sport rispondeva che i monumenti sono di marmo e dunque
non hanno né un cuore né un’anima, niente insomma che assomigli a un uomo. “E poi-
diceva- le statue si fanno solo ai morti…”. Se ne è andato da poco Rocco Agostino, il grande
manager genovese che aveva accompagnato la crescita e l’esplosione sportiva di tanti
campioni italiani. Rocco era malato da tempo e da dieci anni non si occupava più di boxe, ma
chi ha vissuto da vicino quella fetta di sport italiano che va dai ’60 agli ’80 sa che il suo nome
resterà indissolubilmente legato ai fasti di quella disciplina che a quei tempi ebbe tanto
fulgore quanto ora, invece, è depressa.
Rocco aveva studiato poco (“Sono cresciuto all’università della strada”, amava ripetere) ma
capiva con uno sguardo con chi aveva a che fare. Incontrò la boxe quasi per caso, un giorno
in cui la madre lo spedì in una palestra per convincere il fratello Aldo, più grande di lui, a
lasciar perdere i guantoni. Fu talmente convincente che Aldo non smise e lui, Rocco, si
innamorò di uno sport che avrebbe visto sempre dall’altra parte delle corde, con un
asciugamano in spalla, e in mano la pomata cauterizzante e il ferretto per ridurre i gonfiori.
Aveva 25 anni quando diventò direttore sportivo dell’Accademia pugilistica Bensi di Genova,
30 quando riuscì ad ottenere la licenza di manager, senza peraltro trascurare il suo lavoro di
guidatore di filobus nella sua città. Manager davvero lo diventò sul finire del 1969, quando un
giorno, di ritorno da una trasferta pugilistica a Vienna, non riuscì ad arrivare in tempo per il
suo turno di lavoro: decise allora che la boxe sarebbe diventata la sua unica passione. A
Bogliasco, nella sua mitica Villa Flora, creò un centro pugilistico che ospitava non solo
campioni, ma anche ragazzi di belle speranze. La sua contiguità con i pugili, il suo voler
essere maestro e non solo manager, avevano sviluppato in Rocco qualità di eccellente
psicologo: pur parlando poco, a volte in un italiano perlomeno bizzarro, sapeva entrare come
pochi dentro la testa di un pugile. Così, oltre che gestore di carriere, fu anche un secondo
padre per molti di loro, contenti di farsi urlare dietro insulti irripetibili per un movimento
sbagliato al sacco o per un allenamento disputato con scarsa lena. Ma essendo un papà
buono, sapeva anche perdonare: come quando chiuse un occhio di fronte alla fuga di un
campione per un’avventura galante, quasi alla vigilia di un importante match. Altri avrebbero
fatto fuoco e fiamme, lui invece fece finta di credere che la faccia pesta di sonno fosse il
risultato di un po’ di tensione preagonistica.
(Claudio Colombo, “Corriere della Sera”, 27 dicembre 2006)
1
Prova di Comprensione della Lettura CELI 4 – giugno 2007
1
Rocco Agostino
A
mal digeriva quanti volessero esaltarne l’operato
B
criticava chiunque lo considerasse un uomo senz’anima
C
paragonava la freddezza di un pugile a quella di una statua
D
sosteneva che il vero pugile non dovesse avere né cuore né anima
2
La sua malattia
A
è legata al declino della boxe
B
ha avuto un lungo decorso
C
è connessa al decadere del suo ruolo
ha appannato un ventennio di vittorie
D
3
Rocco si avvicinò alla boxe
A
grazie all’opera di persuasione del fratello Aldo
dopo una visita del tutto fortuita in una palestra
B
perché spinto dalla madre ad imitare il fratello
C
per soddisfare l’ ambizione di calcare un ring
D
4
Inizialmente Rocco
A
dovette barcamenarsi fra due professioni totalmente diverse
dovette sostenere un esame molto difficile per diventare manager
B
temé che i troppi impegni gli avrebbero impedito di diventare manager
C
aprì una scuola di boxe per iniziare a questo sport i ragazzi più disagiati
D
5
La personalità di Rocco Agostino
A
aveva accenti di eccessivo paternalismo
era caratterizzata da frequenti scatti d’ira
B
era un misto di severità e comprensione
C
metteva a disagio i pugili più fragili ed emotivi
D
2
Prova di Comprensione della Lettura CELI 4 – giugno 2007
2° testo
Una piazza rinnovata per Vinci, il paese natale di Leonardo
È perplesso, il parroco di Vinci: la piazza accanto alla sua chiesa, che hanno appena finito di
ristrutturare, sembra uscita da un terremoto. Prima era di asfalto e ghiaia, e da lì partivano le
processioni che si snodavano nel borgo medioevale, fra le case di tufo arroccate intorno al
castello. Ora quella piazza è una sequenza di piani inclinati in tutte le direzioni; e dalle crepe
affiorano volumi di pietra irregolari, di varie forme e dimensioni. È come se la terra si fosse
mossa e una forza ancestrale, per troppo tempo imbrigliata nel sottosuolo, avesse portato in
superficie sedimenti secolari. Sospira il parroco: “Mi spiace, ma faccio fatica a capire l’arte
moderna. Spero che l’artista venga a spiegarcela, questa insolita architettura”. Evento che
accadrà a breve, quando le autorità locali inaugureranno la piazza che d’ora in poi
contrassegnerà l’ingresso del Museo di Leonardo, nel paese dove il genio è nato.
L’artista in questione, Mimmo Paladino, è pronto a dialogare con gli abitanti del borgo e
intanto afferma: “La piazza è un luogo pubblico, aperto a tutti, non deve essere uno spazio
museale. Spero che presto vi nascano tutte quelle attività che normalmente si svolgono in
una piazza, vendita di bibite, gelati, fiori… e perciò ho creato angoli dove alloggiare banchi e
piccoli chioschi. Certo, la mia identità di pittore e scultore appare, come anche le mie origini
del Sannio, zona sismica della Campania: l’idea che i movimenti della terra possano
trasformare i luoghi mi è familiare. Ma pur nella sua stravaganza, ho voluto fare una piazza
per Vinci, non un’opera di Mimmo Paladino”. Il risultato è di grande suggestione: quelle
masse di grigia pietra toscana sono incise di tasselli color argento che disegnano volti, mani,
croci, frecce – i segni di tanti lavori dell’artista –: mosaici arcaici, senza tempo, che di giorno
si illuminano col sole, di notte con le luci sprigionate dal suolo. E la piazza ha un che di
magico. Ma bisogna ammettere che è stata coraggiosa la giunta comunale: tradizionalisti, i
vinciani in un primo tempo erano sconcertati; pragmatici, ora accettano di «aspettare e
vedere».
Tutto inizia nei primi anni Duemila, quando ampliare quel museo che raccoglie una delle più
ampie collezioni di macchine e modelli leonardeschi si fa urgente, perché il numero dei
visitatori è raddoppiato e il progresso degli studi impone di arricchire il materiale esposto. Gli
spazi del castello dei conti Guidi non bastano più: la raccolta si espande nella Palazzina
Uzielli. È qui che viene spostato l’ingresso del percorso museale. Ma l’edificio è piuttosto
anonimo, niente a che vedere col castello, diventato il simbolo della città di Leonardo nel
mondo a forza di dipinti e cartoline. Occorre creare una nuova icona della città, altrettanto
forte. Nasce così l’idea chiamare un artista di prestigio, e fra cinque grandi nomi vince
Paladino.
La nuova piazza di Vinci è venuta alla luce così. A differenza delle piazze tradizionali, che si
attraversano in tutte le direzioni e con lo sguardo rivolto verso l’alto, qui il percorso è spesso
obbligato, un po’ labirintico, e d’istinto si guarda giù, verso terra. “È vero, si è portati a
scrutare in basso, verso un universo rovesciato, in cui si riconoscono graffiti arcaici, istintivi,
popolari” conclude Paladino. “E quei volumi che spuntano, quegli spazi che si aprono,
tracciano la via verso la stella di metallo a dodici punte, sempre visibile, che segna l’entrata
del museo”.
(Antonella Barina, “Il Venerdì di Repubblica”, n. 937)
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Prova di Comprensione della Lettura CELI 4 – giugno 2007
6
Nella nuova piazza di Vinci
A
si osservano le conseguenze di una grave scossa sismica
B
è andato perduto l’aspetto tradizionale precedente
C
si sono verificati cedimenti strutturali dopo il restauro
D
l’attuale assetto richiama la storia geologica del sottosuolo
7
Mimmo Paladino
A
è un fautore del recupero di antiche attività commerciali
B
afferma che la piazza è un omaggio al genio di Leonardo
C
ha inteso modificare profondamente la funzione stessa di piazza
racconta che questo progetto è influenzato dalle sue radici geografiche
D
8
L’aspetto attuale della piazza
A
è sottolineato da giochi di luci ed ombre
riprende elementi dell’iconografia leonardesca
B
richiama i tratti tipici dell’opera di Paladino
C
scontenta solo i vinciani di mentalità più ristretta
D
9
L’intervento sulla piazza è dovuto
A
all’esigenza di esporre opere di Leonardo anche all’aperto
all’usura del selciato causata dal gran numero di turisti
B
alla necessità di adeguarla all’estetica della Palazzina Uzielli
C
alla volontà di caratterizzare Vinci con un elemento identificativo
D
10
Ora la superficie della piazza
A
richiede al turista una forte attenzione sul percorso da scegliere
va osservata dall’alto per essere apprezzata nel suo insieme
B
è attraversata da graffiti che indicano la direzione da seguire
C
indica attraverso i ‘pieni’ e i ‘vuoti’ l’itinerario per il visitatore
D
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